Puntare, nel comparto viticolo, allo sviluppo di una filiera vivaistica sostenibile e biologica. È l’obiettivo del progetto di ricerca VitisBio, sostenuto dalla misura 16 del Psr 2014-2020 della Regione Friuli – Venezia Giulia. I risultati finali del progetto sono stati divulgati in occasione di un recente webinar organizzato dalla rivista VVQ, Vigne, Vini & Qualità e si sono rivelati utili non solo per il bio, ma per l’intero settore vitivinicolo italiano.
La gestione delle malattie del legno
Oggi infatti i viticoltori sono alle prese con la diffusione di malattie del legno, batteriosi, fitoplasmosi, nuove virosi. Gli studi effettuati da Laura Mugnai e Sara Falsini dell’Università di Firenze e da Elisa Angelini del Crea Viticoltura ed enologia di Conegliano (Tv) hanno dimostrato che una differente gestione della fase vivaistica, in particolare nella gestione agronomica dei portinnesti e della fase di innesto, può contribuire a contenere l’espansione di queste problematiche sul vigneto Italia.
Oggi la produzione di barbatelle biologiche è molto limitata, visto il sistema di deroghe in vigore, assai permissivo, che consente ancora di utilizzare materiale vivaistico convenzionale per i vigneti certificati bio. Si tratta tuttavia di un comparto economico sicuramente promettente (anche perché le deroghe non durano in eterno).
«Il Progetto VitisBio – ha commentato Cristina Micheloni di Aiab Friuli Venezia Giulia – dimostra che anche nel vivaismo viticolo il bio può assumere il ruolo di “corridore in fuga”, testando e applicando nuove tecniche sostenibili che poi vengono rincorse e adottate anche nel comparto convenzionale».
Deroghe troppo permissive
La vite bio continua infatti ad essere in forte crescita «nonostante il clima, il mercato e le difficoltà fitosanitarie». Nel 2022 ha superato 135mila ettari, pari al 20% della Sau vitata nazionale.
«La possibilità di superare alcuni limiti normativi che oggi frenano il vivaismo bio viticolo, chiudendo il ciclo che va dalla barbatella alla bottiglia, può consentire di raggiungere di slancio gli obiettivi di sostenibilità della Farm to Fork».
Fonte: Suolo e Salute