Data inizio
10 Mag 2021
News

Si tratta di un’associazione per la produzione biologica e promozione della biodiversità agraria, nato nel cuore della Baraggia, a cavallo tra le province di Vercelli e Biella, dalla volontà di un coeso gruppo di agricoltori bio, con l'obiettivo di valorizzare e diffondere l'agricoltura biologica intesa non solo come pratica agronomica, ma anche come progetto culturale di un modello sostenibile per la gestione delle risorse e come scelta utile alla sicurezza ed alla sovranità alimentare. L’estensione inizialmente prevista è di circa 500 ettari.

Tra le finalità dell'associazione trovano ampio spazio la promozione, la tutela e la diffusione del patrimonio di conoscenze e tecniche colturali originali e naturali applicate alla risicoltura nate in Baraggia. Tra queste, ad esempio, la “pacciamatura verde”, scoperta e diffusa dal pioniere Fulvio Stocchi e applicata da molti agricoltori appartenenti al Biodistretto.

Un ruolo di primo piano è riservato all'impegno per la tutela del territorio di Baraggia, con le sue peculiarità uniche, come l'Isoetes Malinverniana, una pianta in via d’estinzione, con una grandissima importanza dal punto di vista biologico essendo l'unica felce endemica italiana presente ormai solo in Baraggia, spesso nei pressi delle risaie bio. L'isoetes è un indicatore ecologico, un organismo vivente particolarmente sensibile all'inquinamento ambientale.

L'associazione si propone inoltre di promuovere la coltivazione di antiche varietà di riso, nuove varietà che siano sostenibili per l'ambiente, oltre ad attività di ricerca, informazione e divulgazione. La scelta alla base della nuova coltivazione è stata il recupero di semi e varietà diffuse un secolo fa, varietà più forti di quelle invece selezionate negli ultimi decenni, non bisognose di elementi chimici che ne agevolino la sopravvivenza. Molte delle varietà di piante selezionate come per esempio il Rosa Marchetti, sono inoltre resistenti al Brusone, un fungo del riso molto diffuso in Lombardia, capace di aggredire la pianta in ogni sua parte. Per le varianti più delicate invece, si utilizza l’irrorazione con lo zolfo.

I coltivatori hanno inoltre recuperato l’utilizzo di piante allopatiche ricavate dalla fermentazione del sovescio, naturalmente erbicide, molto ricche per il terreno poiché sparse sui campi prima della semina, a funzione concimante e di pacciamatura. Un cambio radicale per il terreno, in questo modo orientato a una ripulitura dai residui delle coltivazioni chimiche e alla riduzione di un terzo delle emissioni di CO2.

Ulteriori dettagli QUI

Fonte: InfoVercelli24/Il Fatto Quotidiano

Parole chiave