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<div style="text-align: justify;">“Le recenti dichiarazioni del
Direttore Generale della <span style="font-style: italic;">FAO</span> sulla necessità dell’impiego
della chimica di sintesi e sulle difficoltà di applicazione dell’agricoltura biologica nei Paesi in
via di sviluppo ci lasciano perplessi e meritano un chiarimento” ha dichiarato Paolo Carnemolla,
Presidente di <span style="font-style: italic;">FederBio</span>, l’organizzazione unitaria
dell’agricoltura biologica e biodinamica italiane, commentando le affermazioni del Direttore
Generale della FAO <span style="font-style: italic;">Jacques Diouf</span> secondo il quale, per
sfamare il pianeta, non si può fare a meno dell’utilizzo degli input chimici, ed in particolare dei
fertilizzanti di sintesi. <br>“Eppure l’agricoltura biologica, proprio nei Paesi in via di sviluppo,
è risultata essere molto produttiva, soprattutto nelle aree in cui vi è scarsità di risorse,
esistono piccole unità familiari e la terra è gestita in modo tradizionale. <br>E’ provato - ha
proseguito Carnemolla- che non solo il biologico richiede costi più bassi – per il non utilizzo di
fertilizzanti chimici e pesticidi o per il non necessario acquisto delle sementi - ma che può
portare ad avere, specie nel lungo periodo, rese uguali o addirittura superiori all’agricoltura
convenzionale, contribuendo in maniera fondamentale a ripristinare la sostanza organica nel terreno
e, quindi, a difendere i suoli dalla siccità e dalla desertificazione, effetti tipici di
un’agricoltura basata sull’impiego di fertilizzanti chimicidi sintesi”.<br>Sempre secondo il
Presidente di <span style="font-style: italic;">FederBio</span> “Esistono esempi numerosi, citati
anche in recenti studi del prestigioso <span style="font-style: italic;">Worldwatch
Institute</span>, dell’<span style="font-style: italic;">Università di Cardiff</span>, o dell’<span style="font-style: italic;">IFAD</span> (International Found for Agricolture Development), che
indicano come le coltivazioni con il metodo biologico contribuiscano realmente a migliorare la
qualità di vita degli agricoltori nel Terzo Mondo, conservando le loro risorse, aumentando la loro
produzione, rendendoli autosufficienti e non costretti a pagare per l’acquisto degli input chimici e
delle sementi.<br>Non è poi vero, come sostiene il Direttore della FAO, che praticare il metodo
biologico richieda grandi investimenti e particolari capacità imprenditoriali: le tecniche
dell’agricoltura biologica si rifanno perlo più alle tecniche tradizionali, dunque semplici e ben
conosciute, e coltivare in sintonia con l’ambiente vuol dire anche tener conto delle strutture
sociali e culturali locali, utilizzando al meglio le risorse presenti e la biodiversità”. <br>Paolo
Carnemolla ha concluso indicando che “in uno studio realizzato dall’<span style="font-style: italic;">Università del Michigan</span> si è convertito il valore della produzione agricola ottenuto
dall’agricoltura tradizionale con quello che si otterrebbe se fosse praticata l’agricoltura
biologica: ne è risultato che, a parità di produzione, si otterrebbe comunque di coprire un
fabbisogno calorico procapite giornaliero compreso tra le 2.640 e le 4.380 kcal, più che
sufficiente, a far fronte al problema della fame. Rimane tuttavia il fatto che per nutrire una
popolazione in costante crescita è necessaria una equa distribuzione delle risorse, cosa che oggi
non accade, e bisogna tutelare la fertilità a lungo termine dei terreni e la biodiversità: aspetti
che non vengono certo salvaguardati attraverso l’agricolturachimica e
industriale”.<br><br></div><i>Fonte di informazione:</i> Federbio