Data inizio
27 Feb 2019
News

Si è tenuta a Roma, organizzata dalla Mountain Partnership della Fao, con EcorNaturaSì, Legambiente, Banca Etica, GOEL-Gruppo Cooperativo, Cooperazione Italiana e Ministero delle politiche agricole, la  conferenza “Un giusto prezzo per un prodotto agricolo di qualità: per gli agricoltori, per chi lavora, per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile”: Un evento che punta a promuovere una discussione tra produttori e consumatori sulla parità di retribuzione per i prodotti agricoli di qualità.

La Mountain Partnership ha sottolineato che «Oggi, il prezzo per i prodotti agricoli sta diminuendo, producendo in tal modo un compenso ingiusto per gli agricoltori. Il prezzo non è giusto per gli agricoltori che ricevono ben pochi compensi per il loro lavoro. Così come per i consumatori, che pagano meno in termini economici ma perdono in termini di cibo, ambiente e salute. Schiacciata tra queste contraddizioni, l’agricoltura non può compensare adeguatamente coloro che lavorano nel settore alimentare. Questo fenomeno è diffuso in tutto il mondo ed è particolarmente pronunciato nelle regioni di montagna, che sono tra le più marginali in termini sociali, politici ed economici. Le montagne soffrono per una filiera lunga che vede l’intervento di troppi intermediari».

Aprendo il convegno, Giorgio Grussu, coordinatore dei progetti di Mountain Partnership ha sostenuto che «Dall’amaranto nero nativo della regione andina boliviana, soprannominato il caviale vegetale, al riso viola degli imperatori, coltivato nella regione himalaiana dell’India e destinato un tempo solo agli imperatori cinesi. Sono questi alcuni dei progetti di salvaguardia e valorizzazione, anche economica, su cui si concentra l’attenzione del progetto della Mountain Partnership/Fao in collaborazione con Slow Food e finanziato dalla Cooperazione Italiana. Il messaggio che, cerchiamo di comunicare ai consumatori è il valore aggiunto di questi prodotti: coltivati senza pesticidi e fertilizzanti chimici, spesso in ambienti e climi ostili, spesso manualmente, spesso da comunità di sole donne, in aree isolate, emarginate, lontane dai mercati. Un cibo sano e di qualità deve essere sostenuto da prezzi adeguati che compensino in modo adeguato il lavoro di cui tutti noi beneficiamo, e da cui dipende la nostra salute e la salute del nostro pianeta».

Grammenos Mastrojeni, coordinatore ecosostenibilità, cooperazione allo sviluppo del ministero degli esteri, ha evidenziato che «Dare una remunerazione adeguata ai produttori di montagna dà un senso di giustizia: i produttori di montagna sono i più vulnerabili e poveri. Sostenibilità è anche creare un ciclo che crei reddito a partire dalla valorizzazione della natura. Le montagne sono abitate da più di 900 milioni di persone a rischio migrazione e hanno ecosistemi nutriti dall’uomo e dalla natura in una simbiosi costruita nel corso dei secoli. Ecosistemi in cui è indispensabile la presenza di uomini e donne e diventa imperativo per tutti dare alla popolazione delle montagne tutto l’orizzonte di libertà per rimanere lì dov’è. Per farlo, occorre riconoscere il giusto valore ai prodotti che lo hanno, riconoscere che questi prodotti hanno qualcosa di straordinario».

Il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha parlato di “Trasparenza dei prezzi per una scelta consapevole da parte del cittadino” e ha ribadito che occorre  «Rispetto dell’ambiente, dei lavorator e degli agricoltori onesti che subiscono la concorrenza sleale di quelli disonesti».

C’è un modo per invertire questa tendenza al ribasso e allo sfruttamento dei lavoratori? Una parte del mondo agricolo e della distribuzione, in particolare nel campo dell’agricoltura biologica e di qualità, con il sostegno della comunità internazionale si sta mobilitando per un prezzo equo dei prodotti alimentari. Sui campi italiani convenzionali, un chilo di pomodori da passata viene pagato 8 centesimi al chilo, un chilo di grano duro 22 centesimi, un litro di latte di pecora – come abbiamo visto dalle proteste dei pastori sardi – 55 centesimi e anche alimenti prodotti in zone di agricoltura “eroica” subiscono lo stesso deprezzamento. Insomma, Il prezzo non è giusto. E non è giusto per gli agricoltori, che spesso ricorrono a scorciatoie illegali come lo sfruttamento della manodopera, così come per i consumatori che senz’altro pagano meno nell’immediato, ma perdono per quel che riguarda la qualità del cibo, dell’ambiente, della stessa salute. Dietro il prezzo basso dei prodotti agroalimentari si nascondono costi occulti che vengono ribaltati su tutta la società e hanno effetti non solo economici.
EcorNaturaSì  ha  ricordato che «Solo in Europa vengono spesi ogni anno 163 miliardi di euro per spese sanitarie legate all’esposizione agli interferenti endocrini, una categoria a cui appartengono quasi tutti i pesticidi utilizzati nell’agricoltura convenzionale. Una quantità non ancora pienamente calcolata di miliardi viene impiegata per far fronte all’inquinamento dell’acqua e alla perdita di biodiversità. Per l’erosione dei suoli vengono stimati danni per 1,25 miliardi di euro in tutta Europa e l’Italia paga uno dei conti più salati: l’erosione riguarda un terzo della superficie agricola del Paese e genera una perdita annuale in produttività agricola di 619 milioni di euro».

Ma si può fare diversamente. EcorNaturaSì arriva a retribuire gli agricoltori 33 centesimi al chilo per il pomodoro da passata (i riferimenti sono: Contratto quadro area nord Italia pomodoro industriale – Accordo 2018 per quanto riguarda i prezzi di agricoltura convenzionale e prezzo pagato da EcorNaturaSì per il pomodoro da passata delle aziende agricole Fattoria Di Vaira e azienda agricola biodinamica San Michele) e 45 centesimi per il grano duro (il riferimento per il convenzionale è il Listino settimanale prezzi all’ingrosso sulla piazza di Bologna rilevati dal Comitato della Borsa Merci AGER – Franco Arrivo – I.V.A. esclusa – Bollettino n. 7 del 21 febbraio 2019). Il prezzo corrisposto da EcorNaturaSì è sul Listino prezzi materia prima EcorNaturaSì 2018-2019 franco arrivo primo trasformatore – I.V.A. esclusa). E garantisce un euro al litro per il latte di pecora utilizzato per il suo pecorino.

Il presidente di  EcorNaturaSì Fabio Brescacin ha detto che «Una pecora produce 180 litri di latte all’anno in 180 giorni: un euro al litro è necessario per mantenere in vita le aziende ed è questa la cifra che chiedono le aziende agricole biologiche e che noi con i nostri caseifici ed i nostri produttori ci impegniamo a riconoscere. Sappiamo che è un discorso difficile ma a cambiare deve essere il sistema agroalimentare, un sistema che deve tener conto dei veri costi ambientali e dello sfruttamento della terra. Il sistema agroalimentare basato sulla chimica di sintesi, sull’industrializzazione e sui prezzi falsamente bassi impoverisce sia gli agricoltori che i consumatori,  minaccia la salute dei cittadini e della terra. Ed è una delle cause del cambiamento climatico che vediamo avvenire sotto i nostri occhi”. “Il primo passo da compiere – ha indicato sempre Brescacin- è quello di riconoscere agli agricoltori il giusto prezzo per i loro prodotti, perché l’agricoltura cessi di essere un’attività inquinante e distruttiva del pianeta e una causa di sfruttamento lavorativo dei braccianti. Quello che viene pagato agli agricoltori non riesce a coprire i costi del lavoro e delle risorse impiegate, e il nostro impegno è quello di garantire ai nostri clienti un prodotto non solo di qualità, ma che offra garanzie di giustizia sociale per i lavoratori coinvolti e il massimo sforzo per la salvaguardia del pianeta. Proprio la salute del pianeta dipende anche da un giusto prezzo da riconoscere agli agricoltori, in modo da garantire cibo sano, la tutela della terra, l’abbattimento del rischio di impoverimento del suolo e la diminuzione dei rischi legati ai cambiamenti climatici. Rischi che continuiamo a vedere quotidianamente sotto i nostri occhi».

Alessandra Pesce, sottosegretaria di Stato del Ministero delle politiche agricole, ha concluso: «Occorre preservare le attività agricole nelle aree montane dove a causa del progressivo spopolamento, il presidio del territorio e la conservazione dell’ambiente naturale sono a rischio. Si devono individuare interventi organici, mirati a favorire i processi di aggregazione tra i produttori, che permettono una riduzione dei costi di produzione e un più forte potere contrattuale. È fondamentale riconoscere a questi prodotti il giusto prezzo, non solo per la qualità, ma per il loro plus intrinseco legato alla sostenibilità ambientale».

Fonte: Greenreport.it